IL TRIBUNALE A scioglimento della riserva espressa all'udienza del 27 novembre 2003 nel procedimento avente ad oggetto il reclamo proposto da Montenegro Dario, nato a Leverano (Lecce) il 3 marzo 1966, detenuto presso la casa circondariali di Trani, avverso l'ordinanza in data 1° ottobre 2003 del magistrato di sorveglianza di Bari, declaratoria dell'inammissibilita' dell'istanza di concessione del beneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva ai sensi della legge n. 207/2003; Sentite le parti, su conforme parere del s.p.g.; Ha emesso la seguente ordinanza. 1. - Con ordinanza in data 1° ottobre 2003, notificata il 10 ottobre 2003, il magistrato di sorveglianza di Bari dichiarava inammissibile l'istanza proposta da Montenegro Dario, in epigrafe generalizzato, volta ad ottenere il beneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva, ai sensi della legge n. 207/2003, in relazione alle condanne unificate con provvedimento di cumulo emesso in data 2 dicembre 2002 (aggiornato il 7 luglio 2003) dal p.m. di Lecce, non avendo il detenuto espiato la meta' pena. 2. - Con atto pervenuto a mezzo posta in data 14 ottobre 2003, il Montenegro ha proposto reclamo avverso la predetta ordinanza, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2, comma 2, legge n. 207/2003, e 69-bis, comma terzo della legge n. 354/1975, lamentando l'errata determinazione della pena gia' espiata, ritenuta invece superiore alla meta'. 3. - Prima di entrare nel merito della questione questo collegio tuttavia, rilevando che con precedente ordinanza in data 3 giugno 2003 e' stata revocata al Montenegro la misura alternativa dell'affidamento in prova ai S.S. ex art. 94 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (concessagli solo qualche mese prima, e precisamente in data 15 aprile 2003), ritiene di sollevare la questione di legittimita' costituzionale della legge n. 207/2003 nella parte in cui consente l'applicazione del beneficio anche a soggetto nei confronti del quale sia intervenuto un provveimento di revoca di misura alternativa; e cio', in contrasto con l'art. 1, comma 3, lett. d), della legge n. 207/2003 che, escludendo dal beneficio della sospensione dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva le persone che, dopo la condanna, siano state ammesse a misure alternative alla detenzione, pone una preclusione anche nei confronti di coloro, che pur ammessi a misure alternative, ne abbiano successivamente subito la revoca (come il Montenegro). In diritto 4. - Ritiene il collegio che la questione di illegittimita' costituzionale innanzi prospettata sia rilevante e non manifestalmente infondata. 5. - Invero l'art. 1, comma 3 lett. d), della legge n. 207/2003 esclude dalla concessione del beneficio della sospensione dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva le persone che, dopo la condanna, «siano state ammesse» alle misure alternative alla detenzione: espressione francamente ambigua, poiche' non e' affatto chiaro se essa riguardi solo i condannati che siano stati ammessi - e si trovino - in misura alternativa all'atto della decisione sull'istanza di sospensione condizionata ex legge n. 207/2003 ovvero anche i condannati che, dopo essere stati ammessi ad una misura alternativa alla detenzione, ne abbiano successivamente subito la revoca [e' il caso del Montenegro che, ammesso con ordinanza in data 15 aprile 2003 di questo tribunale di sorveglianza all'affidamento in prova al servizio sociale ex art. 94 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 ed arrestato il 28 aprile 2003 ai sensi dell'art. 51-ter legge n. 354/1975, nonostante abbia subito la revoca ex tunc della misura con ordinanza in data 3 giugno 2003 di questo tribunale (in atti), ha presentato, in relazione alla medesima condanna, istanza di sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva]. 6. - Ora, a consentire la concessione del beneficio nel caso di specie non pare sufficiente il disposto dell'art. 7 della legge n. 207/2003, a mente del quale «le disposizioni della presente legge si applicano nei confronti dei condannati in stato di detenzione ovvero in attesa di esecuzione della pena alla data di entrata in vigore della medesima» (in effetti il Montenegro, per effetto della citata ordinanza in data 3 giugno 2003 di questo tribunale di sorveglianza, il 22 agosto 2003 - data di entrata in vigore della legge - era «in stato di detenzione»), poiche' esso sembra avere solo il valore di «norma di chiusura», destinata ad individuare il criterio temporale per l'applicazione del beneficio di nuova istituzione, ma non anche di individuare le condizioni sostanziali, soggettive ed oggettive, per la concessione o il diniego del beneficio, che sono invece previste dall'art. 1 della legge in questione. E la lettera d) di tale ultimo articolo prevede appunto, tra le condizioni ostative, l'ammissione del condannato ad una misura alternativa alla detenzione, ma non anche l'attualita' di tale condizione: pertanto, la condizione ostativa ben potrebbe ritenersi integrata anche nei confronti dei condannati che, successivamente all'ammssione ad una misura alternativa, ne abbiano subito la revoca. 7. - Una diversa interpretazione della norma - fondata sul dato meramente letterale - appare in contrasto con la Costituzione, perche' ancora ad un dato meramente temporale (essere o meno sottoposto a misura alternativa alla data di entrata in vigore della legge) l'ammissione al beneficio, la cui applicazione risulterebbe in tal modo dipendente da una circostanza meramente aleatoria, in violazione dunque del principio di ragionevolezza. 8. - Per altro verso, poi, essa discrimina ingiustamente la condizione di chi, essendo stato ammesso a misura alternativa alla detenzione, non abbia subito la revoca della stessa: questi, infatti, e' escluso dal beneficio della sospensione dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva, pur avendo rispettato le prescrizioni di legge ed essendo dunque piu' meritevole di chi abbia subito la revoca della misura alternativa (che al contrario, stando all'interpretazione della norma seguita dal magistrato di sorveglianza di Bari, potrebbe ottenere il beneficio de quo). Tale interpretazione appare in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione: se e' vero, infatti, che tale principio e' pur sempre rispettato quando siano diversamente disciplinate situazioni non identiche fra loro, e' anche vero, pero', che nel caso in esame la condizione del condannato cui sia stata revocata una misura alternativa e' si' diversa, ma senz'altro in senso peggiorativo, rispetto a quella di chi, ammesso a misura alternativa, non ne abbia subito la revoca. Il primo, dunque, pur trovandosi in una situazione soggettivamente deteriore rispetto al secondo, potrebbe pero' ugualmente fruire del beneficio, con una vistosa ed ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a chi, originariamente nella sua stessa condizione, abbia invece tenuto un comportamento osservante delle prescrizioni, come tale meritevole di maggiore tutela [senza tra l'altro dimenticare che, in tal modo, potrebbe essere addirittura legittimato il perverso «gioco» di provocare intenzionalmente la revoca della misura alternativa, soprattutto se diversa dall'affidamento in prova (la detenzione domiciliare e la semiliberta' comportano limitazioni della liberta' personale senz'altro piu' gravose rispetto a quelle rivenienti dal c.d. «indultino»), al solo fine di ottenere successivamente la sospensione condizionata (la cui concessione e' «automatica», una volta accertata la sussistenza dei presupposti «oggettivi» stabiliti dal legislatore), in palese contrasto con il principio della finalita' rieducativa della pena sancito dall'art. 27, comma terzo, della Costituzione!]. 9. - Ne consegue che il mancato inserimento, tra le cause ostative alla concessione del beneficio introdotto dalla legge n. 207/2003, delle ipotesi di cui al comma secondo dell'art. 58-quater della l. n. 354/1975 [che vieta, nel caso di revoca di una delle misure aternative (ai sensi degli artt. 47, comma undicesimo, 47-ter comma sesto, e 51, comma primo, della legge n. 354/1975), la concessione di taluni benefici penitenziari], appare per un verso irragionevole [non appare infatti razionale un sistema che, a fronte di determinati comportamenti del condannato, gli neghi per un certo periodo alcuni benefici penitenziari (tra cui misure alternative recanti prescrizioni piuttosto restrittive della liberta' personale, come la detenzione domiciliare e la semiliberta), ma nel contempo gli riconosca il diritto di ottenerne immediatamente un altro piu' favorevole (le prescrizioni inerenti alla sospensione condizionata, assimilabili a quelle dell'affidamento in prova, sono senz'altro piu' favorevoli di quelle inerenti alla detenzione domiciliare ed alla semiliberta)] e per altro verso contrastante con i principi di uguaglianza e di finalita' rieducativa della pena [la legge de qua difatti, consente la concessione al condannato resosi responsabile di trasgressioni agli obblighi o addirittura di reati in corso di misura alternativa (cioe' ad un soggetto rivelatosi per facta concludentia poco affidabile e non meritevole di trattamenti extramurari) di un beneficio che invece, contestualmente, nega recisamente al condannato che, essendo stato ammesso a misura alternativa e non avendo commesso violazioni, si presenta sicuramente come piu' meritevole]. 10. - Consegue a tanto che appare non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3, lett. d), della legge n. 207/2003 nella parte in cui consente l'ammissione al beneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva in favore dei condannati che precedentemente abbiano subito la revoca, per fatto colpevole (e cioe' ai sensi dell'art. 51-ter della legge n. 354/1975), di una misura alternativa. 11. - Va infine evidenziato che la sollevata questione di legittimita' costituzionale rileva direttamente nel caso di specie, poiche' dalla pronuncia su di essa dipende la decisione in ordine al proposto reclamo (posto che, ad oggi, l'istanza appare prima facie ammissibile).